Napoli, 14 febbraio 2014 – I blocchi stradali e ferroviari non bastavano. Così gli assalti a Comune e Regione, anche con spargimento di letame, non sortivano l’effetto immaginato. E allora si passò alle aggressioni ad amministratori pubblici ed esponenti delle forze di polizia. Ma neppure servì a qualcosa. Tra le menti della guerra dei Bros c’era chi voleva il morto. Intercettazioni inquietanti emerse a epilogo dell’inchiesta della Procura di Napoli, culminata ieri mattina con la notifica di 25 ordinanze cautelari tra arresti e obblighi di dimora. Un’indagine che ha fatto luce sulle attività di vari gruppi di disoccupati organizzati accomunati dalla sigla Bros, acronimo di Budget risorse orientamento sociale. In 258 pagine il gip Eduardo De Gregorio ricostruisce molti episodi di violenza avvenuti tra il 2010 e il 2014 che hanno spesso avuto pesanti conseguenze sui trasporti e sul traffico cittadino. Tra gli indagati figurano anche i consiglieri regionali Corrado Gabriele, del Pse, accusato di concorso in associazione a delinquere, e di Angelo Marino, di una lista civica di centro destra, accusato di favoreggiamento. Tra gli episodi contestati ai Bros c’è finita pure l’aggressione, avvenuta il 4 novembre 2011, al sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, che partecipava ad un incontro con alcune scolaresche nella zona dei Colli Aminei. Una cinquantina di persone, che avevano con sé uno striscione con la scritta “Banchi Nuovi”, accerchiarono il sindaco, che fu fatto salire dalla scorta nell’auto di servizio. La vettura fu colpita con calci e pugni dai disoccupati; l’auto riuscì ad allontanarsi solo quando un leader fece un segnale. L’uso della violenza, del resto, come emerge da numerose intercettazioni telefoniche e ambientali, era esplicitamente propugnato dai leader del gruppo, che pronunciavano frasi come “Ci servono kamikaze”, “Ci vuole il morto”, “Se non si fa qualche reato serio il lavoro non esce”, “Devo vedere come sfondare la testa a quelli dei Palazzi, a settembre”.
”La protesta è legittima – ha commentato il questore di Napoli, Guido Marino – ma non può assurgere a sistema di azioni violente esercitate per fare pressioni. Le indagini della Digos – ha aggiunto Marino – hanno consentito di chiarire, in parte, il confine tra la protesta per rivendicare un diritto legittimo e il modo di esercitare questo diritto
(giuseppe porzio)
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